Dott. Alessandro Rosponi Ab.: v. Nazionale, 3 – 38027 Croviana (Tn) Medico Chirurgo, Specialista in Medicina dello Sport, Dottore di Ricerca in Neuroscienze. St.: Centro Medico Salute - Cles (Tn) – tel. 0463424579-338/5297235 e-mail: alerosponi@gmail
LA CORSA Correre è il modo più semplice ed economico per rimanere in forma: bastano un paio di scarpe e un abbigliamento sportivo specifico per scendere in strada a perdere peso e tenersi in forma, o per allenarsi. Le scarpe sono l'attrezzo più importante per la corsa e l'errore più grave che si può commettere è quello di calzare il primo paio di scarpe che si trovano nell'armadio. La scarpa è il contenitore del nostro piede e deve difenderlo da insulti legati al fondo su cui si corre ma anche da infortuni legati alla ripetizione continua dello stesso gesto per kilometri e kilometri ininterrottamente. Ecco alcune nozioni di base da sapere sulle modalità con cui è bene scegliere le scarpe da corsa e come arrivare ad una scarpa personalizzata, comoda e rispettosa del nostro modo di correre, che l’evidenza scientifica considera, ad oggi, i requisiti di base per ridurre al minimo il rischio infortunio durante la pratica della corsa di “endurance”. IL PIEDE Il piede è un segmento del corpo umano di fondamentale importanza per l'azione di sostegno che esso svolge nella stazione eretta e nella marcia. Ha funzione d'ASSORBIMENTO del carico nella fase di contatto col suolo, di STABILIZZAZIONE nella fase di appoggio e di SPINTA PROPULSIVA nella fase successiva. La scarpa che scegliamo per sostenere il carico del peso corporeo deve permettere il regolare svolgersi di queste tre funzioni. L’ostacolo ad una sola di queste tre funzioni, alterando la normale biomeccanica della corsa, potrebbe ridurre l’efficienza della corsa stessa o aumentare il rischio di infortunio. Correre a piedi nudi o con scarpe minimaliste (A0) potrebbe rappresentare la migliore soluzione per evitare gli infortuni e in effetti sembrerebbe esserlo. Tuttavia il passaggio a tale forma di corsa richiede molta dedizione e gradualità ed è sfruttabile solo da atleti di alto livello. Inoltre una volta presa confidenza con il gesto atletico della corsa a piedi nudi o con scarpa minimalista annulla progressivamente le differenze di resa energetica rispetto alla corsa con la scarpa tradizionale. Non ci resta che continuare a rivolgerci alla scarpa da corsa tradizionale. LA SCARPA Come sceglierla? Tradizionalmente per chi è alle prime armi, al fine di evitare l’edema osseo a carico delle ossa del piede che rischierebbe di “fermare” l’atleta novizio si sceglie una scarpa con massima ammortizzazione (A3); si riduce l’ammortizzazione (A2) per arrivare poi verso la scarpa da gara (A1), man mano che aumenta il livello atletico. Chiaramente all’inizio non si cerca la “prestazione”, pertanto è fondamentale privilegiare l’allontanamento del rischio di infortunio (sovraccarico) rispetto alla ricerca della massima efficienza di corsa. Vero è il contrario quando aumenta il livello prestazionale dell’atleta. Va da sè che la scarpa a maggior ammortizzazione, dissipando maggiore energia durante la fase di contatto con il suolo (ASSORBIMENTO), riduce l’efficienza della corsa, mentre quella a minor ammortizzazione, dissipando meno energia permette di sfruttare al meglio la fase PROPULSIVA. Per tale motivo all’aumentare dei km percorsi si va a preferire una scarpa “performante”. Tutte le scarpe devono comunque STABILIZZARE l’articolazione. Quindi in presenza della situazione anatomica ottimale la scarpa deve avere un appoggio neutro e deve assecondare la “forma” del piede risultando in ultima analisi: COMODA. L’unico fattore che influenzerà la scelta dovrà essere il grado di ammortizzazione, anche in funzione dei fattori che vedremo in seguito (peso, grado di allenamento, ecc.). I DIFETTI DI APPOGGIO Purtroppo il piede può essere soggetto a numerose alterazioni patologiche o parafisiologiche che, a loro volta, per la complessità della sua anatomia e per le numerose sollecitazioni che la pianta del piede riceve, possono essere causa di disordini posturali e patologie articolari o muscolo-tendinee da sovraccarico soprattutto negli sportivi dediti ad attività di “endurance”. In pratica dall’analisi della letteratura scientifica si evince che le forze d’impatto che gravano sulle strutture osteo-articolari possono causare l’insorgenza di una patologia da sovraccarico soprattutto a causa dell’eccessiva pronazione dell’avampiede e trovano terreno fertile sull’instabilità articolare. In realtà sembrerebbe essere non tanto l’eccessiva pronazione in sé la causa del sovraccarico, quanto l’aumento della pronazione dell’avampiede che si verifica (soprattutto nei pronatori di base) man mano che aumenta la distanza percorsa durante l’allenamento o la gara. Per coloro i quali si ritrovano una situazione di non ottimale appoggio plantare sono state sviluppate alcune tipologie di calzatura che si propongono di riportare alla condizione ottimale l’appoggio stesso o di evitare che il problema di base si accentui. In tal caso oltre al fattore “ammortizzazione” si dovrà tener conto del tipo di problema che si vuole correggere. Esistono ormai da molti anni infatti altre tipologie di calzature oltre a quelle neutre, che potremo descrivere come segue: scarpa ammortizzata ma con leggera anti-pronazione (che si propone di sopperire ad lieve carico sulla parte interna dell’avampiede e del tallone tipico dei lievi pronatori o degli atleti con carico neutro che tendono all’aumento o all’insorgenza della iperpronazione con l’aumentare della distanza percorsa in allenamento o in gara), scarpa stabile (che si propone invece di sopperire ad un eccessivo carico sulla parte interna dell’avampiede e del tallone che si manifesta gia’ in posizione eretta tipico dei forti iperpronatori). Anche l’eccessiva supinazione determina in alcuni casi un aumento del rischio di infortunio (per es. nei triatleti). La letteratura conforta l’ipotesi che gli atleti con tale problematica si giovano dell’utilizzo di scarpe di tipo neutro a massima ammortizzazione. Il peso delle scarpe da corsa varia dai 150 gr. circa delle minimaliste ai 300 gr. e oltre delle scarpe ammortizzate stabili. Le scarpe da trail running sono più pesanti ma in questa tipologia di scarpe i fattori contenimento, protezione e stabilità sono molto più importanti rispetto al peso dal momento che il peso in questa tipologia di sport è ininfluente sulla presatazione. Quindi per ricapitolare oggi le scarpe rispondono alle richieste del piede d’atleta, e sulla base di tali richieste queste corsa si dividono, in genere, nelle categorie qui di seguito elencate. La prima di queste categorie riguarda le cosiddette Minimaliste A0 che sono scarpe molto leggere e sono realizzate per garantire la posizione naturale del piede e per aiutare a correggere la postura. Per errore si pensa che le minimaliste siano scarpe senza intersuola, in realtà la suola è presente e a volte anche molto ammortizzata; quello che varia rispetto alle scarpe tradizionali è invece l’assenza di inserti in materiali vari che determinano la presenza di un dislivello tra suola a livello plantare e tallone. Permettono di correre in maniera naturale quasi come si corresse a piedi nudi. Le Superleggere A1 sono flessibili ed elastiche e sono particolarmente adatte a corridori veloci e leggeri che si allenano a ritmo sostenuto. Le scarpe Intermedie A2 sono da indossare per allenamenti a ritmo moderato e offrono un buon livello di ammortizzamento. Le A3 sono in grado di garantire il massimo del comfort grazie a un elevato ammortizzamento e sono perfette per chi usa dei plantari personalizzati. Le Stabili A4 offrono un buon livello di sostegno al piede e sono consigliate a runner con un fisico più pesante. Le A5 sono una categoria peculiare e rappresentano le scarpe da trail running. Tuttavia altri fattori influenzano la scelta della scarpa e sono descritti qui di seguito: 1. Tecnica di corsa Si corre in due modi: di tallone o di avampiede/punta. Nel primo caso si atterra prima con il tallone e poi si appoggia il resto del piede, nel secondo caso si appoggi quasi solo l’avampiede. Se si corre di avampiede si può scegliere una scarpa leggera/veloce (spesso questi attributi si possono ritrovare nella stessa scarpa). Se si corre di tallone va scelta una scarpa a ben ammortizzata e adatta al tipo di appoggio: pronatore (si appoggia l’interno del tallone), neutro o supinatore (si appoggia l’esterno del tallone). 2. Forma del piede Ogni piede ha una forma diversa: c’è chi ha la pianta larga e chi stretta. I produttori di scarpe da running propongono molti modelli con piante diverse: il consiglio è di provarle. Molti negozi specializzati hanno tapis roulant sui quali provarle. Durante la corsa il piede si gonfia leggermente, pertanto le dita devono avere spazio. In pratica: devono essere comode sia standoci in piede, sia correndoci. 3. Peso dell’atleta Quando si corre il peso scaricato sui piedi può raggiungere 3/4 volte il peso da fermo. Ecco perché è importante usare scarpe ammortizzate in modo da proteggerli in funzione del proprio peso. Indipendentemente dal livello atletico, ovvero dai km che si hanno alle spalle più si pesa e più deve essere ammortizzata la scarpa. Più leggeri e allenati si è (come visto prima) meno ammortizzate possono essere le scarpe. 4. Utilizzo Il velocista leggero può scegliere scarpe leggere e con poca ammortizzazione. Chi corre molto e su lunghe distanze può scegliere scarpe che supportino e non carichino troppo il piede. Quindi anche la scelta delle scarpe sulla base della sola categoria funzionale non è una scelta oculata. Sarebbe utile cancellare quindi dalla mente le vecchie categorie sopra menzionate, e rimpiazzarle con quelle legate al tipo di utilizzo: scarpe da gara/allenamento veloce (più o meno estreme), scarpe da allenamento (più o meno ammortizzate), scarpe stabili, scarpe minimaliste. Da qui una nuova tipologia, ovvero le MiniMax (le più famose le Hoka): drop minimo, ammortizzamento massimo, praticamente una via di mezzo tra una A0 (forma, drop e peso) e una A3 (ammortizzazione). Esiste inoltre la scarpa cosiddetta “rocker” che risulta essere molto utile per chi ha problemi di tendinopatia achillea ma risulta aumentare le sollecitazioni a carico del ginocchio ed è indicata per il cammino o per la corsa lenta nella fase di recupero durante una tendinopatia oppure nella fase di recupero da lesioni muscolo-tendinee da sovraccarico negli atleti alle prime armi. CONOSCERE IL PROPRIO PIEDE. L’ANALISI POSTURALE Ma un atleta sa distinguere le caratteristiche del proprio appoggio plantare a tal punto da poter correttamente indirizzare l’acquisto delle proprie scarpe da corsa? La letteratura ci dice di no, la letteratura ci dice che c’è scarsa consapevolezza dei propri problemi di appoggio e quindi scarsa obbiettività nella scelta della scarpa. Infatti, conoscere la tipologia del proprio appoggio è un pre-requisito per conoscere il tipo di scarpa da acquistare. Un altro elemento che ci fornisce la letteratura è che il prezzo non è sicuro indice di qualità di scelta. Ovvero non si può sopperire con la scelta di una scarpa più costosa alla carenza di informazioni rispetto alle caratteristiche del proprio appoggio. Un modo oggi molto semplice ma denso di background scientifico per lo studio delle problematiche del piede è rappresentato dalla valutazione posturale mediante pedana baropodometrica. Questa rileva la quantità di carico esercitata su ciascun punto d’appoggio del piede e il baricentro corporeo (ovvero la distribuzione della massa corporea) e grazie a ciò si può risalire alla presenza di problemi ai piedi. La valutazione consiste in un’analisi statica che valuta le caratteristiche dell’appoggio plantare (ipo-ipercarichi, spostamenti antero-posteriori e latero-laterali) e un’analisi dinamica del cammino (tempo di attacco-stacco, velocità di spostamento e lunghezza del passo). I risultati di tali analisi ci dicono in ultima istanza se abbiamo un appoggio ottimale (neutro) che ci permetterebbe quindi di scegliere una scarpa neutra (A3 o A2 in dipendenza del nostro peso e/o grado di allenamento) o leggermente antipronazione (A2) oppure se siamo pronatori (scarpa A4) o supinatori (A3). E’ evidente che l’analisi di questo tipo dà moltissime informazioni sulla struttura del piede; informazioni che non si limitano solo alla messa in evidenza di pronazione o supinazione o alla misura dell’arco mediale ma dà preziose informazioni anche sulla distribuzione del centro delle masse sia in fase statica che dinamica, sulle differenze di pressione tra i due lati del corpo, sui tempi di stacco nella fase PROPULSIVA, sulla stabilità del carico articolare durante il passo, ecc. E’ chiaro che la strada per la costruzione di una scarpa veramente su misura è questa. A questo punto, una volta noto il nostro problema di appoggio abbiamo tre possibilità di intervento al fine di un corretto approccio all’acquisto della calzatura. La calzatura commerciale con eventuale correzione all’interno della suola (la scarpa A4), la stessa calzatura al cui interno si va ad inserire un plantare pre-confezionato (standard) utile a mitigare il problema di appoggio riscontrato (plantare anti-pronazione o anti-supinazione) e un plantare costruito su misura. Anche nel caso di un plantare da inserire nella scarpa, la scelta di quest’ultima deve essere oculata e mai lasciata al caso. Le scarpe infatti costituiscono un tassello fondamentale per la buona riuscita della azione del plantare (sia esso standard o su misura). Molte volte infatti un cattivo risultato del plantare è da imputare ad una calzatura inadeguata. Allora come debbono essere le scarpe sportive per poter accettare un plantare: 1. Sempre con fondo neutro, per non modificare o peggio per non portare in iper le correzioni del plantare. Quindi non devono avere contrafforti rigidi nella suola (come quelli delle scarpe stabili) perché le proprietà stabilizzanti d tali calzature (anti-pronazione) andrebbero a disturbare l’azione del plantare (aumentando o addirittura annullando l’azione del plantare stesso). 2. La suola dovrà essere piana e non rotondeggiante (come le scarpe rocker) per evitare appoggi instabili che possono essere causa di distorsioni ma anche di sovraccarichi. 3. La tomaia dovrà avere un rinforzo calcaneare (contrafforte) al fine di contenere il tallone. Queste sono tutte qualità presenti in una buona scarpa da atletica che non sia minimal o estrema da gara. In sintesi la scarpa A3 è la scarpa ideale per l’inserimento al suo interno di un plantare. La letteratura mostra che il plantare preconfezionato (standard) rappresenta un’alternativa valida al plantare su misura in termini di comodità (questa rappresenta un elemento fondamentale nella possibilità di ridurre l’incidenza di infortuni - sovraccarichi). In effetti da studi scientifici effettuati su gruppi omogenei di sportivi risulta che la soluzione di un plantare standard inserito in una calzatura sportiva rende questa più comoda rispetto al plantare commerciale fornito con la scarpa. Tuttavia il plantare standard pur conferendo la stessa comodità di quello su misura alla calzatura in cui viene inserito non ha la stessa efficacia di quello fatto su misura in termini di correzione dei difetti posturali e quindi di riduzione degli infortuni. In effetti abbiamo visto quante informazioni derivino dall’analisi baro-podometrica e, pertanto, quanto sofisiticato e preciso può essere il plantare che ne risulta e che va ad essere inserito nella scarpa. IL PLANTARE Il plantare (ortesi) deve essere realizzato da un tecnico ortopedico in quanto specifico professionista deputato alla sua costruzione. Per la corretta realizzazione di un’ortesi il tecnico ortopedico, sulla base di una corretta valutazione dell’appoggio, deve saper realizzare l'ortesi più adeguata per l’atleta, scegliendo tra i materiali quelli più consoni e funzionali allo scopo che si vuole perseguire. Nel caso di un soggetto sportivo, i plantari migliori da utilizzare sono sicuramente quelli mobili e con metodo di fabbricazione personalizzata. Vengono realizzati con materiali compositi a densità differenziata. La tecnologia offre tantissime possibilità sia come gamma di materiali che come tecniche di lavorazione. Soprattutto con l'introduzione delle sostanze termoplastiche c’è la possibilità di realizzare un perfetto accoppiamento fra piede e plantare e di poter apportare modifiche sul momento anche senza dover asportare del materiale dalla struttura stessa del plantare. Poichè tutti i costituenti utilizzati sono termoformabili, oggi si riesce a costruire plantari in materiali compositi a densità differenziata. Con i materiali rigidi e semirigidi si realizza la struttura portante del plantare, mentre con i materiali morbidi le imbottiture, i rivestimenti e le aree di scarico. Come per gli altri presidi ortopedici, è il tecnico a decidere quale sistema costruttivo adottare, magari procedendo con prudenza verso le soluzioni più innovative. LA SCARPA E IL PLANTARE PERSONALIZZATO, L’ACCOPPIATA VINCENTE. L’utilizzo di un siffatto plantare personalizzato rappresenta un presidio utile per personalizzare la propria calzatura INDIPENDENTEMENTE dall’avere o meno un problema posturale. Se si considera che la scarpa che si sceglie dopo averla provata ha al suo interno un plantare precostituito che deve andare bene per tutti ben si comprende come sia importante attraverso uno studio baropodometrico mettere in evidenza eventuali peculiarità del proprio appoggio, anche se non per forza patologiche. Ancor più se si pensa che l’analisi podometrica prevede anche una misura degli appoggi in dinamica. Un piede che appoggia staticamente in maniera corretta potrebbe “supinare o pronare” durante il passo. Il plantare su misura andrebbe a correggere questo problema. Il plantare commerciale ovviamente no! E’ importante sottolineare che la letteratura scientifica in tema mostra che solo per pesi di calzatura superiori a 440 gr al paio il rendimento della corsa ne può risentire negativamente; se si pensa che la scarpa che tipicamente viene usata per essere plantarizzata è una A3 (massima ammortizzazione e fondo neutro) e che questa pesa intorno ai 300 gr, considerando i 30 gr circa del plantare si comprende come questa soluzione non determini mai un peggioramento del rendimento della corsa. I DUE PARADIGMI FINALI PER LA SCELTA DI UNA SCARPA: MASSIMO COMFORT E ASSECONDAMENTO DEL PROPRIO MODO DI CORRERE. Quando tutti gli accorgimenti precedentemente esposti siano stati rispettati, allora la scelta finale della scarpa (con inserito il plantare) sarà dettata dai seguenti due paradigmi: a) quanto è comoda? Più la sento comoda e più è la mia scarpa; b) è in grado questa scarpa di assecondare il mio modo di correre? Se non percepisco la scarpa come un ostacolo al mio modo di correre è la scarpa giusta per me. Questi due paradigmi non sono ad oggi misurabili, pertanto rimangono un giudizio personale e rendono ragione del fatto che attualmente la scelta della scarpa deve rimanere una scelta del tutto personale dove il consiglio dell’esperto rappresenta la base da cui partire per costruire una scarpa altamente personalizzata e comoda. I COSTI DI UNA SCARPA PERSONALIZZATA Prezzo medio di una scarpa: 100 euro. Prezzo plantare 250 euro (una tantum), abbigliamento 100 euro. Certificato (con visita completa di ecg da sforzo): 50 euro. Cardiofrequenzimetro/GPS : 200 euro. Iscrizione a gare: 30 euro (in media 10 gare all’anno = 300 euro). Totale: 1000 euro il primo anno, poi circa 400 euro all’anno cambiando scarpe ogni anno e mantenendo una media di 10 gare all’anno. UNA SCARPA SU MISURA NON POTRA’ MAI SOSTITUIRE LA FORMA ATLETICA ED UNA SPECIFICA PREPARAZIONE FISICA. I risultati di un recente studio suggeriscono che un BMI > 30 kg/m2 (sovrappeso), un’età tra i 45 ei 65 anni, il comportamento non competitivo e la presenza di precedenti lesioni non legate alla corsa sono associati ad un aumentato rischio di infortunio tra i corridori alle prime armi, mentre un BMI <20 kg/m2 (normopeso) è stato identificato come fattore protettivo indipendentemente da altri fattori. Questo significa che uno stile di vita sano e una buona forma fisica rappresentano già di per sé il pre-requisito per la prevenzione degli infortuni senza i quali il corretto approccio alla scelta della scarpa non può portare i suoi frutti in termini di prevenzione infortuni. In condizioni di BMI ideale e di buona forma fisica, la scelta oculata e personalizzata della calzatura e l’utilizzo eventuale di un plantare devono essere poi sempre seguiti da un’adeguata preparazione atletica ed esercizi specifici per aumentare la stabilità dell’appoggio (attraverso l’azione muscolare) che, a parità di tutto il resto rappresenta il fattore più importante per prevenire gli infortuni. |