Girando nel web mi sono imbattuto in questo interessantissimo articolo. Da leggere. Dr. Alessandro Rosponi. Valutazione Funzionale dello Sportivo IMPORTANZA DELLA CALZATURA NELLA CORSA Correre è il modo più semplice ed economico per rimanere in forma: bastano un paio di scarpe e un abbigliamento sportivo specifico per scendere in strada a perdere peso e tenersi in forma, o per allenarsi. Le scarpe sono l'attrezzo più importante per la corsa e l'errore più grave che si può commettere è quello di calzare il primo paio di scarpe che si trovano nell'armadio. La scarpa è il contenitore del nostro piede e deve difenderlo da insulti legati al fondo su cui si corre ma anche da infortuni legati alla ripetizione continua dello stesso gesto per kilometri e kilometri ininterrottamente. Ecco alcune nozioni di base da sapere sulle modalità con cui è bene scegliere le scarpe da corsa e come arrivare ad una scarpa personalizzata, comoda e rispettosa del nostro modo di correre, che l’evidenza scientifica considera, ad oggi, i requisiti di base per ridurre al minimo il rischio infortunio durante la pratica della corsa di “endurance”. IL PIEDE Il piede è un segmento del corpo umano di fondamentale importanza per l'azione di sostegno che esso svolge nella stazione eretta e nella marcia. Ha funzione d'ASSORBIMENTO del carico nella fase di contatto col suolo, di STABILIZZAZIONE nella fase di appoggio e di SPINTA PROPULSIVA nella fase successiva. La scarpa che scegliamo per sostenere il carico del peso corporeo deve permettere il regolare svolgersi di queste tre funzioni. L’ostacolo ad una sola di queste tre funzioni, alterando la normale biomeccanica della corsa, potrebbe ridurre l’efficienza della corsa stessa o aumentare il rischio di infortunio. Correre a piedi nudi o con scarpe minimaliste (classificate come A0, poi lo vedremo) potrebbe rappresentare la migliore soluzione per evitare gli infortuni e in effetti sembrerebbe esserlo. Tuttavia o si inizia subito a correre con questo tipo di calzature (in pratica non si usa il tallone in appoggio) o il passaggio a tale forma di corsa richiede molta dedizione e gradualità ed è sfruttabile solo da atleti di alto livello. Inoltre una volta presa confidenza con il gesto atletico della corsa a piedi nudi o con scarpa minimalista si annullano progressivamente le differenze di resa energetica rispetto alla corsa con la scarpa tradizionale. A noi non professionisti o già abituati a correre in maniera tradizionale non resta che continuare a rivolgerci alla scarpa da corsa tradizionale. LA SCARPA Come sceglierla? Tradizionalmente per chi è alle prime armi, al fine di evitare l’edema osseo a carico delle ossa del piede che rischierebbe di “fermare” l’atleta novizio si sceglie una scarpa con massima ammortizzazione (A3); si riduce quindi l’ammortizzazione (A2) per arrivare poi verso la scarpa da gara (A1), man mano che aumenta il livello atletico. Chiaramente all’inizio non si cerca la I DIFETTI DI APPOGGIO Purtroppo il piede può essere soggetto a numerose alterazioni patologiche o parafisiologiche che, a loro volta, per la complessità della sua anatomia e per le numerose sollecitazioni che la pianta del piede riceve, possono essere causa di disordini posturali e patologie articolari o muscolo-tendinee da sovraccarico soprattutto negli sportivi dediti ad attività di “endurance”. In pratica dall’analisi della letteratura scientifica si evince che le forze d’impatto che gravano sulle strutture osteo-articolari possono causare l’insorgenza di una patologia da sovraccarico soprattutto a causa dell’eccessiva pronazione dell’avampiede e trovano terreno fertile sull’instabilità articolare. In realtà sembrerebbe essere non tanto l’eccessiva pronazione in sé la causa del sovraccarico, quanto l’aumento della pronazione dell’avampiede che si verifica (soprattutto nei pronatori di base) man mano che aumenta la distanza percorsa durante l’allenamento o la gara. Per coloro i quali si ritrovano una situazione di non ottimale appoggio plantare la scelta deve andare su quelle scarpe che si propongono di riportare alla condizione ottimale l’appoggio stesso o di evitare che il problema di base si accentui. In tal caso oltre al fattore “ammortizzazione” si dovrà tener conto del tipo di problema che si vuole correggere. Esistono ormai da molti anni infatti altre tipologie di calzature oltre a quelle neutre, che potremo descrivere come segue: scarpa A2 o A3 con supporto antipronazione, ammortizzata ma con leggera anti-pronazione (che si propone di sopperire al lieve carico sulla parte interna dell’avampiede e del tallone tipico dei lievi pronatori o degli atleti con carico neutro che tendono all’aumento o all’insorgenza della iperpronazione con l’aumentare della distanza percorsa in allenamento o in gara), scarpa A4 stabile (che si propone invece di sopperire ad un eccessivo carico sulla parte interna dell’avampiede e del tallone che si manifesta gia’ in posizione eretta tipico dei forti iperpronatori). Anche l’eccessiva supinazione determina in alcuni casi un aumento del rischio di infortunio (per es. nei triatleti). La letteratura conforta l’ipotesi che gli atleti Tuttavia altri fattori influenzano la scelta della scarpa e sono descritti qui di seguito: Quindi anche la scelta delle scarpe sulla base della sola categoria funzionale non è una scelta oculata. Sarebbe utile cancellare quindi dalla mente le vecchie categorie sopra menzionate, e rimpiazzarle con quelle legate al tipo di utilizzo: scarpe da gara/allenamento veloce (più o meno estreme), scarpe da allenamento (più o meno ammortizzate), scarpe stabili, scarpe minimaliste. Da qui una nuova tipologia, ovvero le MiniMax (le più famose le Hoka di qualche tempo fa): drop minimo, ammortizzazione massima, praticamente una via di mezzo tra una A0 (forma, drop e peso) e una A3 (ammortizzazione). Esiste inoltre la scarpa cosiddetta “rocker” che risulta essere molto utile per chi ha problemi di tendinopatia achillea ma risulta aumentare le sollecitazioni a carico del ginocchio ed è indicata per il cammino o per la corsa lenta nella fase di recupero durante una tendinopatia oppure nella fase di recupero da lesioni muscolo-tendinee da sovraccarico negli atleti alle prime armi. CONOSCERE IL PROPRIO PIEDE. L’ANALISI POSTURALE Ma un atleta sa distinguere le caratteristiche del proprio appoggio plantare a tal punto da poter correttamente indirizzare l’acquisto delle proprie scarpe da corsa? La letteratura ci dice di no, la letteratura ci dice che c’è scarsa consapevolezza dei propri problemi di appoggio e quindi scarsa obbiettività nella scelta della scarpa. Infatti, conoscere la tipologia del proprio appoggio è un pre-requisito per conoscere il tipo di scarpa da acquistare. Un altro elemento che ci fornisce la letteratura è che il prezzo non è sicuro indice di qualità di scelta. Ovvero non si può sopperire con la scelta di una scarpa più costosa alla carenza di informazioni rispetto alle caratteristiche del proprio appoggio. Un modo oggi molto semplice ma denso di background scientifico per lo studio delle problematiche del piede è rappresentato dalla valutazione posturale mediante pedana baropodometrica. IL PLANTARE PRECONFEZIONATO La letteratura mostra che il plantare preconfezionato (standard) rappresenta un’alternativa valida al plantare su misura in termini di comodità (questa rappresenta un elemento fondamentale nella possibilità di ridurre l’incidenza di infortuni - sovraccarichi). In effetti da studi scientifici effettuati su gruppi omogenei di sportivi risulta che la soluzione di un plantare standard inserito in una calzatura sportiva rende questa più comoda rispetto al plantare commerciale fornito con la scarpa. Per correttezza bisogna dire che il plantare standard pur conferendo la stessa comodità di quello su misura alla calzatura in cui viene inserito non ha la stessa efficacia di quello fatto su misura in termini di IL PLANTARE Il plantare (ortesi) deve essere realizzato da un tecnico ortopedico in quanto specifico professionista deputato alla sua costruzione. Per la corretta realizzazione di un’ortesi il tecnico ortopedico, sulla base di una corretta valutazione dell’appoggio, deve saper realizzare l'ortesi più adeguata per l’atleta, scegliendo tra i materiali quelli più consoni e funzionali allo scopo che si vuole perseguire. Nel caso di un soggetto sportivo, i plantari migliori da utilizzare sono sicuramente quelli mobili e con metodo di fabbricazione personalizzata. Vengono realizzati con materiali compositi a densità differenziata. La tecnologia offre tantissime possibilità sia come gamma di materiali che come tecniche di lavorazione. Soprattutto con l'introduzione delle sostanze termoplastiche c’è la possibilità di realizzare un perfetto accoppiamento fra piede e plantare e di poter apportare modifiche sul momento anche senza dover asportare del materiale dalla struttura stessa del plantare. Poichè tutti i costituenti utilizzati sono termoformabili, oggi si riesce a costruire plantari in materiali compositi a densità differenziata. Con i materiali rigidi e semirigidi si realizza la struttura portante del plantare, mentre con i materiali morbidi le imbottiture, i rivestimenti e le aree di scarico. Come per gli altri presidi ortopedici, è il tecnico a decidere quale sistema costruttivo adottare, magari procedendo con prudenza verso le soluzioni più innovative. LA SCARPA E IL PLANTARE: L’ACCOPPIATA VINCENTE. L’utilizzo di un siffatto plantare personalizzato o preconfezionato rappresenta un presidio utile per personalizzare la propria calzatura INDIPENDENTEMENTE dall’avere o meno un problema posturale. Se si considera che la scarpa che si sceglie dopo averla provata ha al suo interno un plantare precostituito che deve andare bene per tutti ben si comprende come sia importante attraverso uno studio baropodometrico mettere in evidenza eventuali peculiarità del proprio appoggio, anche se non per forza patologiche. Ancor più se si pensa che l’analisi podometrica prevede anche una misura degli appoggi in dinamica. Un piede che appoggia staticamente in maniera corretta potrebbe “supinare o pronare” durante il passo. Il plantare su misura andrebbe a correggere questo problema. Il plantare commerciale ovviamente no! E’ importante sottolineare che la letteratura scientifica in tema mostra che solo per pesi di calzatura superiori a 440 gr al paio il rendimento della corsa ne può risentire negativamente; se si pensa che la scarpa che tipicamente viene usata per essere plantarizzata è una A3 (massima ammortizzazione e fondo neutro) e che questa pesa intorno ai 300 gr, considerando i 30 gr circa del plantare si comprende come questa soluzione non determini mai un peggioramento del rendimento della corsa. I DUE PARADIGMI FINALI PER LA SCELTA DI UNA SCARPA: MASSIMO COMFORT E ASSECONDAMENTO DEL PROPRIO MODO DI CORRERE. Quando tutti gli accorgimenti precedentemente esposti siano stati rispettati, allora la scelta finale della scarpa (con inserito il plantare) sarà dettata dai seguenti due paradigmi: a) quanto è comoda? Più la sento comoda e più è la mia scarpa; b) è in grado questa scarpa di assecondare il mio modo di correre? Se non percepisco la scarpa come un ostacolo al mio modo di correre è la scarpa giusta per me. Questi due paradigmi non sono ad oggi misurabili, pertanto rimangono un giudizio personale e rendono ragione del fatto che attualmente la scelta della scarpa deve rimanere una scelta del tutto personale dove il consiglio dell’esperto rappresenta la base da cui partire per costruire una scarpa altamente personalizzata e comoda. I COSTI DI UNA SCARPA PERSONALIZZATA Prezzo medio di una scarpa: 100 euro. Prezzo plantare 250 euro (una tantum) o 25 euro se preconfezionato, abbigliamento 100 euro. Certificato (con visita completa di ecg da sforzo): 50 euro. Cardiofrequenzimetro/GPS : 200 euro. Iscrizione a gare: 30 euro (in media 10 gare all’anno = 300 euro). Totale: 800-1000 euro il primo anno, poi circa 400 euro all’anno cambiando scarpe ogni anno e mantenendo una media di 10 gare all’anno. UNA SCARPA SU MISURA NON POTRA’ MAI SOSTITUIRE LA FORMA ATLETICA ED UNA SPECIFICA PREPARAZIONE FISICA. I risultati di un recente studio suggeriscono che un BMI > 30 kg/m2 (sovrappeso), un’età tra i 45 ei 65 anni, il comportamento non competitivo e la presenza di precedenti lesioni non legate alla corsa sono associati ad un aumentato rischio di infortunio tra i corridori alle prime armi, mentre un BMI <20 kg/m2 (normopeso) è stato identificato come fattore protettivo indipendentemente da altri fattori. Questo significa che uno stile di vita sano e una buona forma fisica rappresentano già di per
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